Guerra civile russa

La Guerra civile russa scoppiò subito dopo la presa del potere da parte dei bolscevichi (novembre 1917), tra questi ultimi, detti "Rossi", e vari gruppi che si opponevano ai risultati della Rivoluzione d'Ottobre, detti "Bianchi". La guerra civile si protrasse fino al 1921 con la vittoria dei "Rossi".

A seguito del successo della Rivoluzione russa i comunisti russi decisero di fare pace con la Germania, con il Trattato di Brest-Litovsk, ratificato il 6 marzo 1918. Nonostante la riorganizzazione del vecchio esercito nell'Armata Rossa "degli operai e dei contadini", nel genniao 1918, quando i tedeschi iniziarono ad avanzare in Russia a febbraio, lo stato caotico e indisciplinato dell'esercito era tale che negoziare la pace era l'unica opzione.

Questo trattato galvanizzò un numero di gruppi anti-comunisti, sia all'interno che all'esterno della Russia, che intrapresero azioni contro il nuovo regime. Winston Churchill dichiarò che il Bolscevismo doveva essere "strangolato nella culla".

Agli inizi della Guerra

Regno Unito, Francia e Stati Uniti, intervennero tutti nella guerra civile. Dopo che gli Alleati sconfissero le Potenze Centrali nel novembre 1918, continuarono il loro intervento nella guerra contro i comunisti, allo scopo di allontanare quella che temevano potesse divenuire una rivoluzione socialista mondiale. Lenin fu sorpreso dallo scoppio della guerra civile, e inizialmente sottostimò la portata delle forze che sorgevano contro la sua nuova nazione. I primi successi nella regione del Don, inceve, lo resero troppo fiducioso.

Il gruppo che si oppose contro i comunisti fin dall'inizio era composto principalmente da generali controrivoluzionari e dalle locali armate cosacche, che avevano dichiarato la loro lealtà al governo provvisorio; tra le figure di spicco troviamo Aleksei Maksimovich Kaledin (Cosacchi del Don), Alexander Dutov (Cosacchi di Orenburg) e Nikolay Nikolaevich Semenov (Cosacchi del Baikal). In novembre, il Generale Mikhail Vasilevich Alekseev, il vecchio Comandante in Capo Zarista, iniziò ad organizzare un'Armata di Volontari a Novocherkassk; a lui si unì in dicembre Lavr Georgevich Kornilov, Denikin e numerosi altri. Aiutati da Kaledin presero Rostov nello stesso mese. Ad ogni modo, i Cosacchi non erano intenzionati a combattere, quando in gennaio la controffensiva sovietica iniziò, sotto il comando di Vladimir Aleksandrovitch Antonov-Ovseenko, i Cosacchi abbandonarono rapidamente Kaledin, che si suicidò. Le forze di Antonov ripresero rapidamente Rostov e per la fine di marzo del 1918 venne dichiarata la Repubblica Sovietica del Don. L'Armata dei Volontari venne evacuata a febbraio e fuggì nel Kuban dove si unì ai Cosacchi del Kuban per montare un assalto fallimentare a Ekaterinodar. Kornilov venne ucciso il 13 aprile e il comando passò a Denikin, che si ritirò fino al Don. I soviet erano riusciti ad alienarsi la popolazione locale e l'Armata dei Volontari trovò molte nuove reclute.

Non fu fino alla primavera del 1918 che i Menscevichi e i Socialisti Rivoluzionari si unirono alla lotta armata. Inizialmente essi si erano opposti alla rivolta armata dei Bolscevichi, ma il trattato di pace e l'introduzione di alcune dure misure dittattoriali cambiarono la loro opinione. In teoria avrebbero potuto essere una seria minaccia, in quando avevano un certo livello di supporto popolare e l'autorità data dalla vittoria nelle elezioni per l'Assemblea Costituente Russa del 1918. Il nuovo problema per loro, era il bisogno di supporto armato. Un primo tentativo da parte dei SR, di reclutare truppe lettoni, nel luglio 1918, si rivelò un disastro. Fortunatamente la Legione Ceco-Slovacca si mostrò un gruppo più affidabile, nell'aiuto alla "contro-rivoluzione democratica".

La Legione Ceco-Slovacca era stata parte dell'esercito zarista, e nell'ottobre del 1917 contava circa 30.000 uomini, in gran parte ex-prigionieri di guerra e disertori dell'esercito Austro-Ungarico. Incoraggiata da Tomas Masaryk, la Legione venne ribattezzata Corpo d'Armata Ceco-Slovacco e sperava di poter continuare a combattere i tedeschi. Un accordo con il governo sovietico per un passaggio via mare attraverso Vladivostok, collassò a causa del tentativo di disarmare ampiamente il Corpo e, nel giugno 1918, questi si ribellò mentre si trovava a Cheliabinsk. Nel giro di un mese i Ceco-Slovacchi controllavano gran parte della Siberia Occidentale, e parte delle regioni del Volga e degli Urali. Per agosto avevano eseso il loro controllo ulteriormente, separando la Siberia (e i suoi preziosi rifornimenti di grano) dal resto della Russia.

I Menscevichi e i SR appoggiarono l'azione dei contadini contro il controllo dei Soviet sulle forniture di grano. Nel maggio 1918, con l'appoggio dei Ceco-Slovacchi, presero Samara e Saratov, fondando il Comitato dei membri dell'assemblea costituente (Komuch). Per luglio l'autorità del Komuch si estendeva sopra l'area controllata dai Ceco-Slovacchi. Intendevano riprendere le operazioni contro i tedeschi e iniziarono a formare il loro esercito popolare. Implementarono anche un programma di riforme socialiste, ma senza gli impopolari cambiamenti economici che erano perseguiti dai Soviet. Ad ogni modo, il Komuch fu una dittatura, e poteva essere spietato come i Soviet che tanto deprecava.

Ci furono anche dei "governi" conservatori e nazionalisti che vennero formati dai Bashkiri, dai Kirghizi e dai Turco-tatari così come un Governo Regionale Siberiano ad Omsk. Nel settembre 1918 tutti i governi non-sovietici si riunirono ad Ufa e concordarono di formare un nuovo Governo Provvisorio Russo ad Omsk, guidato dal Direttorio dei Cinque, tre SR (Avksentiev, Boldyrev e Zenzinov) e due Cadetti (Vinogradov e Volgogodskii). Il nuovo governo cadde rapidamente sotto l'influenza del Governo Regionale Siberiano e del suo nuovo Ministro della Guerra, il Contrammiraglio Aleksandr Vasilevich Kolchak. Il 18 novembre un colpo di stato istituì la dittatura di Kolchak. I membri del Direttorio vennero arrestati e Kolchak si auto-promosse Ammiraglio e si proclamò "governante supremo". Per i sovietici questo cambio di controllo fu un problema militare, ma una vittoria politica, la quale confermava che i loro avversari erano dei reazionari. Kolchak, come temevano i sovietici, si dimostrò inizialmente un'abile comandante. A seguito di una riorganizzazione del suo Esercito Popolare, le sue forze catturarono Perm ed estesero il loro controllo in territorio sovietico.

In territorio sovietico, a luglio, a seguito del quinto Congresso dei Soviet due SR di sinistra assassinarono l'ambasciatore tedesco a Mosca, il Conte Mirbach, in un tentativo di provocare i tedeschi e fargli riprendere le ostilità. Altri SR di sinistra catturarono diversi esponenti Bolscevichi e tentarono di sollevare l'Armata Rossa contro il regime. I sovietici riuscirono a smontare le sollevazioni locali organizzate dai SR (e dagli Anarchici), e Lenin in persona si scusò con la Germania per l'assassinio, anche se una rappresaglia tedesca era improbabile a causa della situazione sul fronte occidentale. Ci furono arresti in massa di SR di sinistra e, a seguito di altri due atti terroristici avvenuti il 30 agosto, l'assassinio del presidente della Ceka di Pietrogrado e il ferimento di Lenin in un'altro attentato, venne scatenato il Terrore rosso. I Menscevichi e i SR vennero espulsi dai Soviet e chiunque fosse sospettato di attività controrivoluzionarie poteva essere imprigionato o giustiziato senza processo.

A causa degli scarsi risultati contro i tedeschi, l'Armata Rossa venne riorganizzata sotto un nuovo Consiglio Militare Supremo, guidato da Leon Trotsky — Le molte differenti unità vennero omogeneizzate e ex-ufficiali dell'esercito vennero rimessi in servizio come "specialisti militari". Nel maggio 1918 con il numero di soldati fermo a 450.000 la coscrizione obbligatoria venne reintrodotta. Questa fu seguita da una purga dei comandanti dell'esercito, a luglio, che aveva lo scopo di non introdurre comunisti, ma di ripristinare ufficiali capaci. A settembre venne passata una risoluzione che diresse l'intera Russia Sovietica verso misure militari, Trotsky venne nominato capo di un nuovo Consiglio Militare Rivoluzionario della Repubblica, con poteri molto ampi.

L'intervento degli Alleati

Dopo la pace di Brest-Litovsk, firmata nel marzo del 1918, e dopo la resa dell'impero germanico, nel novembre dello stesso anno, truppe francesi e inglesi sbarcano nella Russia Meridionale e in quella Settentrionale, mentre in Siberia intervengono contingenti giapponesi, americani, inglesi, francesi e italiani.
Si tratta di truppe inviate dai rispettivi governi più che per sostenere le formazioni anti-bolsceviche, nella prospettiva interessata di spartirsi le spoglie dell'impero russo.

Lo faranno, fra l'altro, portandosi via trecento milioni di rubli del tempo d'oro russo.
Tali truppe non combatteranno mai contro i comunisti e abbandoneranno gli eserciti bianchi al loro destino, quando si delineerà la loro sconfitta e le democrazie vincitrici avranno raggiunto il loro scopo. Infatti la resistenza delle armate bianche e la vittoria polacca sulla Vistola, nell'agosto del 1920, rendono militarmente impossibile l'esportazione della rivoluzione comunista nell'Europa spossata dalla guerra. Inoltre, se la ragione della guerra era stata, anche, la cacciata degli Asburgo e degli Hohenzollern, con la caduta dei Romanov il Regno Unito, per dirla con il primo ministro inglese David Lloyd George (1863-1945), aveva raggiunto il primo scopo del conflitto.

L'illusione della vittoria

Nel 1919 la guerra civile assume vaste dimensioni su tutto il territorio russo e gli eserciti bianchi e rossi mettono in campo centinaia di migliaia di uomini. Pur in costante inferiorità numerica, le armate bianche di Denikin sconfiggono i rossi per tutto l'anno liberando, nel settembre del 1919, l'Ucraina, il Caucaso e l'intera Russia Meridionale fino alle porte di Mosca, e occupando 1.500.000 kmq di territorio con cinquanta milioni di abitanti. Dai paesi baltici un'altra armata bianca, guidata dal generale Nikolaj Nicolaevic' Judenic' (1862-1933?), marcia su Pietrogrado, l'attuale San Pietroburgo. Nel Settentrione, fra Murmansk e Arcangelo, opera l'esercito bianco del generale Evgenij Karlovic' Miller (1867-1937?). Tutti questi comandi riconoscono l'autorità dell'ammiraglio Kolc'ak, capo supremo delle armate bianche, che conduce i suoi eserciti dalla Siberia verso il cuore della Russia, raggiungendo il Volga. Viene conquistata anche Ekaterinburg, dove, nel luglio del 1918, era stata massacrata la famiglia imperiale ivi prigioniera, fra le prime vittime del Terrore rosso scatenato da Lenin.

Ciononostante l'Armata Rossa, organizzata da Lev Davidovic' Bronstein (1879-1940), che opera sotto lo pseudonimo di Lev Davidovic' Trockij, passa alla controffensiva. Essa può contare sul controllo del centro nevralgico della Russia europea industrializzata, mentre le truppe bianche occupano territori periferici e con scarse comunicazioni. Gli eserciti rossi, animati dal fanatismo rivoluzionario e con alle spalle un fronte interno reso sicuro dal terrore spietato della C"eka - la Commissione Straordinaria dietro cui si nasconde la polizia politica istituita nel 1917 con compiti di difesa della rivoluzione - prevalgono alla fine sulle armate bianche, inferiori di numero, prive di un programma politico unitario e minate nel fronte interno, nonostante il valore dei comandanti e dei soldati, da discordie politiche, da separatismi, da tradimenti e da personalismi.

Sul finire del 1919 l'Armata Rossa ferma e ricaccia indietro le armate di Kolc'ak e comincia la riconquista della Siberia. Mentre i bianchi in rotta resistono disperatamente, l'ammiraglio Kolc'ak viene catturato, con l'inganno, da traditori e consegnato ai comunisti, che lo fucilano nel febbraio del 1920. Il tutto con l'avallo degli Alleati.

Sul fronte settentrionale il generale Miller, abbandonato dagli inglesi al suo destino, è costretto a reimbarcarsi con i suoi soldati e a riparare in Norvegia nel gennaio del 1920. Anche Judenic', nell'ottobre del 1919, è fermato alla periferia di Pietrogrado, dove non ha ricevuto l'appoggio promesso della flotta inglese, e, dopo duri combattimenti, si rifugia in Estonia, dove viene disarmato.

Sul fronte meridionale, infine, i rossi avanzano di 1.000 km riconquistando quasi tutti i territori occupati dai bianchi, sicché, davati alla sconfitta, il generale Denikin rinuncia al comando nel gennaio del 1920 e parte per l'esilio, scoraggiato dai tradimenti degli Alleati e dalle discordie interne.

La lotta per la sopravvivenza e la fine

Il comando delle armate meridionali viene assunto dal generale Pe/tr Nikolaevic' Wrangel' (1878-1928), ridotto ormai, nella primavera del 1920, a difendere la sola Crimea e poco più. Riorganizzate le truppe rimaste, egli sferra un'ultima disperata offensiva, che lo porta a sconfiggere i rossi inseguendoli fino al Dnepr nell'ottobre del 1920, nonostante il boicottaggio degli inglesi e dei francesi.

Ma la pace raggiunta nel frattempo con la Polonia consente ai bolscevichi di attaccare con forze preponderanti, sbaragliando definitivamente i bianchi. Nel novembre del 1920 Wrangel' e centoquarantacinquemila bianchi si imbarcano dai porti della Crimea diretti a Costantinopoli. La crociata bianca era finita e sulla Russia, prossima a divenire Unione Sovietica, calava la lunga notte del comunismo.

Gli amari frutti della vittoria dei rossi

Nel 1921 tutto l'ex impero russo è ormai sotto il potere comunista. La guerra civile è costata almeno cinque milioni di morti, mentre un milione trecentomila russi fuggono in esilio e inizia la tragedia per decine di milioni di uomini e di donne russi e non russi. Dal 1991 sul Cremlino non sventola più la bandiera rossa, ma il tricolore russo delle armate bianche, il cui sacrificio forse non è stato completamente vano. Ma i conti con la storia e con la propria coscienza li devono fare ancora le democrazie occidentali per le loro viltà e le loro colpevoli compromissioni, alla fine autolesionistiche. Basterebbe, infatti, riflettere su questo episodio emblematico: nel marzo del 1919, le autorità militari francesi disarmano i "volontari" bianchi e consegnano la città di Odessa ai bolscevichi, spinte anche dall'ammutinamento della flotta francese, che intende in questo modo sostenere i "fratelli proletari" in difficoltà. Stando alla storiografia sovietica, i marinai francesi ammutinati nella rada di Odessa erano guidati da un giovane marinaio annamita chiamato Ton Die-Tang: il futuro Ho-Ci-Min (1890-1969)